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Mamme

L’importanza di avere paura, accettazione del sentimento dell’ansia – intuito di mamma

Prima che mio figlio nascesse ero una nerd incinta, frequentavo online e in presenza i corsi più disparati, dal più in voga “Come salvare un bambino che soffoca” a “Come non morire d’infarto se tuo figlio soffoca”. Insomma, ero informatissima su tutto e mi fidavo del mio istinto: sarebbe andato tutto bene e mio figlio sarebbe nato sano come un pesce. Sarei stata in grado di affrontare di tutto. 

Mio figlio nacque di 4500 gr, tramite cesareo grazie al cielo! 

Un vitellino rosa sorridente ma con una forma di asma piuttosto importante, che naturalmente non si manifestò subito ma una notte, di quelle buie e tempestose sotto tutti i punti di vista.  

Come da capitolo precedente ero una mamma sola e lui non dormiva o meglio dormiva solo a intervalli di 20 minuti, e cosi via per tutta la notte. Poi strilli e poi di nuovo nanna per 20 minuti.  Ero sfinita e psicologicamente annientata. 

Aveva dell’incredibile il suo svegliarsi puntualissimo sul 19esimo minuto e 59 ma quella volta non si svegliò. 

Ormai il mio sistema mamma, quello che abbiamo tutte, nascosto in qualche area primitiva del cervello, mi fece svegliare al 19esimo minuto e 59.  

Usavo anche una sveglia in modalità silenziosa, consiglio del pediatra per studiare i suoi intervalli di sonno diabolici e quindi posso affermare con certezza che fosse il 19esimo minuto.  

Silenzio in camera, pensai che finalmente il suo ciclo circadiano (che nome complicato) si fosse sintonizzato su quello della mia stanchezza cosmica, donandomi finalmente il riposo meritato. La cosa però non mi quadrava. 

Mi avvicinai alla culletta e quello che vidi era l’incubo di tutte le mamme, bimbo cianotico, sguardo terrorizzato e manine strette. 

Al diavolo tutti i corsi, non ci stava una solo info di quelle acquisite che mi veniva in soccorso se non un prenderlo in braccio e dirgli: “ ti prego non farmi questo”  e “ non so che fare”. 

Un paio di schiaffetti dopo, colpetti sulla schiena e urla scomposte alla Maria Callas lui aveva ripreso colore, credo più per paura di me che per altro.  Aveva pochi mesi e io avevo appena perso 20 anni di vita. 

Mi misi sul letto con lui che mi guardava come fanno i cani quando fai qualcosa di curioso, era di nuovo rosa ma il suo respiro era in affanno e boccheggiava.  

Feci la cosa più stupida che si potesse fare, mai farlo…mai!. Lo presi e chiamai un taxi. Mi sentivo troppo in imbarazzo per chiamare un’ambulanza. Pensavo mi prendessero per una matta apprensiva, dopotutto respirava. 

Ero letteralmente una mamma in erba.  

Diluviava come in tutte le storie di gente sfigata e faceva freddissimo, il taxi arrivò, erano le 2 di notte e io ero in pigiama e anfibi. 

Il taxi era guidato da una donna, pensai fosse bellissimo. Era un taxi rosa, di quelli che solitamente puoi chiamare se fai tardi e non vuoi andare a piedi o in autobus. Lui ansimava, la tassista guardandomi dallo specchietto mi disse:” la prossima volta chiama un’ambulanza, fai prima e rischi di meno”. Ad un tratto ingranò la marcia e in una volata mi trovai all’Ospedale Pediatrico. La tassista si era improvvisata una soccorritrice del 118 e in 5 minuti netti ero dall’altra parte della città. 

Mai chiamare un taxi per un’emergenza sanitaria: scriverlo a caratteri cubitali! 

Dopo circa 30 minuti un bel sorriso sbucava nuovamente sotto la minuscola maschera per l’ossigeno e una bella dose di cortisone dopo il mio bimbetto asmatico era lì che strillava di gioia e scoppiava di vita.  

Io avevo perso anni di vita ma acquisito la consapevolezza che la paura, quella sana, quella che le criticone di turno chiamano “apprensione” ti può salvare la vita, poi se chiami un’ambulanza vinci anche un premio.  

Aveva pochi mesi, ora ha 9 anni. Sono seguiti tantissimi altri episodi gravi di asma: alcuni spaventosi gestiti con ricovero in ospedale, tutti gli altri da me a casa grazie ad una paura sana, al co-sleeping e a quell’area primitiva chiamata “mamma intuito”.