E ci risiamo, un nuovo lock down, regioni colorate a pastelli con destini diversi, la mia è diventata rossa da poco e la sensazione di uscire stamani per andare a lavoro assomigliava ad un coperta umida addosso. In un attimo mi sono sentita trasportata indietro di mesi, nel silenzio e nelle poche persone in giro.
Lo definiscono un lock down soft, sarà, forse è più leggera anche la nostra paura e la nostra confusione, perchè camminiamo su un sentiero già percorso. Vivo una sorta di rassegnazione, trasportata dalla corrente di qualcosa di così enorme che non posso controllare, osservando la mia città cambiare volto ad ogni cambiamento, leggendo le espressioni delle persone incrociate per strada. Siamo stanchi, e lo sappiamo.
Oggi riflettevo da quanto tempo non ho contatto con una persona che non abiti la mia casa. Ho ricevuto, anche in ambito lavorativo, spesso molti abbracci e da essi traevo forza. Così come era caldo e indispensabile abbracciare una persona cara tra le lacrime, per consolarsi. Questo gesto così normale è venuto meno e forse questo slancio da prima soffocato si sta un po’ spegnendo. Come saremo quando potremo farlo di nuovo? Avremo perso questo bisogno di contatto umano oppure abbracceremo tutti, compresi alberi e pali della luce?
Non lo so. So che ne sento il bisogno. E più di tutto sento il bisogno di poter tornare a “metterci la faccia”, la braccia e le spalle. Di tornare a stringere l’altro senza alcuni timore di un nemico contagioso.
Aspetto con gioia e ansia quel giorno, nel frattempo, stringo una tazza calda tra le mani, ne sento il calore che conforta, e mi ricordo di essere un’umana dotata di capacità avvolgente.