Ragazze,
come state?
Se penso che è già passato quasi un anno da quando il covid è entrato nelle nostre vite e questo blog è nato, sembra impossibile.
Un anno rimasto sotto vetro, coperto da una pellicola, conservato e non sfruttato, con il fiato corto di una mascherina.
Quante ipotesi abbiamo fatto e quante ne abbiamo sbagliate? Un’esperienza nuova che ci ha stravolto, che non capivamo e che ancora ci confonde.
Mese dopo mese le speranze e le aspettative hanno cambiato destinatario, prima la fine della quarantena, poi l’abbassarsi dei numeri in terapia intensiva, il fastidio della mascherina con l’estate, la nuova paura, le regioni a colori e il miraggio dei vaccini attesi come pioggia in siccità, e adesso persino l’ombra di un nuovo lock down totale.
Nonostante un’esperienza pandemica di un anno, non è cambiato molto, la confusione resta. Siamo però cambiati noi, io almeno, ma devo ancora capire in che modo. Mi pesa meno stare in casa per giorni ma ho una stanchezza di fondo da mancanza di aria e di verde. Non capisco di avere bisogno di uscire finchè non lo faccio. Sono andata un pomeriggio all’Ikea e sono tornata saltellando, distrutta certamente, ma sembravo una bambina con le codine ed un lecca lecca gigante vinto al luna park.
Sono in una costante ricerca di equilibrio in una lotta dicotomica, da un lato la protezione e dall’altra parte la voglia di tornare a vivere come niente fosse, pensieri tipo “in fondo in casa si sta bene” al “non ne posso più voglio uscire”, “che bello posso cucinare tante ricette nuove” al “ti prego sono stufa, ordiniamo a domicilio in rosticceria”, “che spettacolo andare al mercato a comprare la frutta e chiacchierare con l’omino” ed il “ma che figata la consegna a domicilio senza alzare un dito”, voglia di battere record di immobilità davanti all’ultima serie di Netflix e quella di scappare con il passaporto e una valigia di 22 chili.
Cosa siamo diventati? Come siamo cambiati? Cosa sta costruendo in noi la pandemia? Cosa sta rosicchiando e cosa invece ricamando sotto la nostra pelle? Non lo so, non ancora almeno. Lo capiremo, insieme, domani, guardando indietro, contando le cicatrici, afferrando mani e stringendo abbracci. Ma ci vorrà ancora un pochino di tempo.
Nel frattempo ragazze, come sempre, un bel respiro, una tazza calda tra le mani. Portiamo pazienza, fiducia e indossiamo un sorriso.